Cross

Nel momento più nero, scoprire una grande persona

Non avevo una grossa esperienza di corsa alle spalle, anzi, non ne avevo affatto, quando ho deciso di iscrivermi all’atletica. 

Ho trovato i compagni di squadra che mi aspettavo. Dediti all’allenamento, come me. Io per l’amore che ogni principiante mette nella “novità”, loro per la passione per la corsa, che permette di sconfiggere la fatica ed il dolore: inseparabile compagno di viaggio delle uscite più lunghe. 

Avevo, pensavo di avere, quella sì, una grossa esperienza di persone. Le persone che corrono, pensavo, sono dedite solo a sé stesse. Lo devono essere, per trovare, nella fatica, la voglia di primeggiare. Questo, pensavo. 

Non avevo una grossa esperienza, quando decido di iscrivermi ad un circuito di corse campestri. Ultima gara, in mezzo a 1500 altre persone, io. Solo, in primis contro me stesso: il cervello, mi chiede indirettamente di fermarmi. Solo, con il freddo di un’umida mattina invernale lungo un importante canale di irrigazione. Solo, contro il terreno reso pesante da una nevicata di due giorni prima. Fango molle al punto tale da assorbire quasi interamente la forza che metto ad ogni passo, a far calare la poca energia che una preparazione di mesi, e non di anni, mette a mia disposizione. Tre giri da due chilometri a separarmi dall’arrivo. Concentrazione. Partenza. I passi si susseguono veloci. I primi atleti, i più prestanti e veloci sono già lontani. Mi allineo, appena partito, con gli avversari che sono stati con me anche nelle gare precedenti, che sono, oggi come ieri, alla mia portata. Fatico, sudo, respiro. Un passo dopo l’altro. Il primo giro si chiude. 

Metà del secondo giro, improvvisa, ecco la crisi. Il cervello che da un lato vorrebbe un po’ più di velocità, dall’altro spinge a fermarsi. Il cuore non riesce a prendere regime: l’energia è finita. 

Prima di noi c’è stata un’altra gara: atleti con qualche anno in più sulle spalle, e nelle gambe. Tutti quelli che l’hanno corsa sono lungo il tracciato ad incitare i propri compagni di squadra. Scorgo a malapena una maglietta dello stesso colore della mia. Il mio allenatore. 

Ci mette un attimo ad accorgersi della mia crisi. Ci metto un attimo a capire cosa lui riconosca bene in me: la mia fatica. Ci metto un attimo a pensare: adesso se va bene mi incita, se va male mi rimprovera. No. Si mette a trotterellare, di fianco a me: “sono con te, un passo dopo l’altro. Agile! Guarda solo avanti, e andiamo”. 

Metro dopo metro, mi accompagna fino a poco prima del traguardo. Ha notato, sul traguardo, i miei bimbi, si fa da parte e mi lascia arrivare da loro a farmi abbracciare. Finisco. Stanco, ma con il costante ricordo di una grande persona che, tirandomi fuori dalla crisi, è, da quel momento in poi, come se corresse sempre di fianco a me. Guardo solo avanti, e andiamo. 

 

dalla rivista gratuita L'Albero, della scuola S. Maria di Loreto di Senago

Emiliano Bina